Fin dalla sua nascita, Sodexo ha intrapreso numerose iniziative per lo sviluppo di una cultura che rispetti le differenze, valorizzando le idee, le esperienze ed i singoli talenti, in cinque ambiti specifici: generazionale, di genere, di disabilità, culturale e di orientamento sessuale.
La diversità e l’inclusione sono valori cardine che guidano l’azienda nel formulare progetti ad hoc di inserimento lavorativo e integrazione, come quelli implementati nel corso del 2018 e del 2019 e oggi riconosciuti da UNHCR con il conferimento del logo “Welcome. Working for refugee integration”.
Un riconoscimento che attesta l’impegno dell’azienda nell’offrire opportunità di inserimento lavorativo a richiedenti asilo e beneficiari di protezione internazionale, proponendo un modello di società che, attraverso team inclusivi, genera una migliore performance di tutta l’azienda e allo stesso tempo un impatto positivo e virtuoso sulle realtà in cui opera.
LA STORIA DI SILLA, EDITH E THOMAS
Silla, Edith e Thomas sono tre addetti ai servizi di ristorazione presso la scuola elementare di Bernareggio, in provincia di Monza. Entrati a far parte del team Sodexo grazie a una partnership tra l’azienda e una cooperativa locale, dopo un programma di formazione della durata di 5 mesi, nel 2019 sono stati poi assunti a tempo indeterminato. Arrivano da Guinea, Costa D’Avorio e Ghana, Paesi che hanno dovuto lasciare per motivi politici. In Italia hanno fatto domanda di asilo: Edith ha ottenuto lo status di rifugiato, mentre Silla e Thomas sono in attesa della risposta.
Silla, 21 anni, viene della Guinea, dove era uno studente, ed è in Italia dal 2017. Da quando è arrivato nel nostro Paese ha lavorato nel settore agricolo, ha preso la licenza media e fatto un corso per piastrellisti. Ora vive a Bernareggio e, oltre a lavorare in mensa, gioca a calcio nel Caponago. Il suo sogno nel cassetto è infatti di diventare un calciatore.
Edith è ivoriana, ha 34 anni ed è arrivata in Italia nel 2016. In Africa, dove vive ancora sua figlia che oggi ha 17 anni, era una commerciante di abbigliamento per l’infanzia e si occupava anche di bambini con genitori malati o in difficoltà. Oggi abita a Sulbiate e il lavoro nella mensa nelle scuole le consente di unire la passione per il cibo a quella per i bimbi. In futuro sogna di aprire un ristorante di cucina italiana, africana e araba.
Thomas ha 22 anni e arriva dal Ghana. È in Italia dal 2016, come Edith, e oggi vive a Bernareggio. Ha già lavorato come pescatore, piastrellista e muratore. In Italia ha seguito corsi di lingua e sogna di poter diventare poliziotto.
Tutti e tre provengono da Paesi nei quali la loro sicurezza ed incolumità erano a rischio. Arrivare nel nostro Paese non è stato facile ma sono sorretti dalla consapevolezza che l’uguaglianza sia un valore fondamentale e sono soddisfatti della vita che si sono costruiti in Italia, dove sono liberi di essere se stessi e dove vengono rispettati. Alla domanda “Che cosa cercavi quando hai lasciato il tuo Paese?” hanno risposto senza esitazioni allo stesso modo: sono venuti in Italia per cercare la pace.
Silla, Edith e Thomas sono felici di lavorare per Sodexo e ben integrati nella comunità locale. In particolare, sono molto ispirati e motivati dalla loro responsabile, Valentina Usai, da loro soprannominata la “capitana”.
Riguardo alla sua esperienza con Silla, Edith e Thomas, Valentina (Responsabile di Unità per Sodexo Italia) racconta: “Quando mi hanno proposto di formare tre ragazzi che non avevano mai fatto questo lavoro e che non parlavano bene la nostra lingua, inizialmente ho pensato che fosse una formazione fine a se stessa con una data d’inizio e di fine progetto. Mai mi sarei aspettata che questi ragazzi avrebbero cambiato e stravolto in meglio il lavoro del nostro team di Bernareggio. Sono rispettosi delle persone, delle regole e del lavoro di per sé; sono precisi, non lasciano mai nulla d’ incompleto, accolgono i bambini e maestre con grandi sorrisi e li servono con cura e passione. Hanno sempre voglia di imparare qualcosa di nuovo, sono attenti e guardano il lavoro delle colleghe per ripeterlo e farlo, in alcune occasioni, anche meglio. Hanno instaurato con tutte le collaboratrici e con me un ottimo rapporto, si sono e ci siamo guadagnati la fiducia reciproca e sentire che per loro siamo la loro famiglia ci rende davvero molto felici e fiere. Quando mi è stata data l’opportunità di assumerli a tempo indeterminato non ho avuto nessun dubbio. Loro dovevano far parte del nostro gruppo e non per il loro passato ma per la forza che hanno ora di costruire il loro futuro, perché noi puntiamo al meglio e loro lo sono.”