Recuperare i mestieri antichi grazie alla partecipazione dei rifugiati

Fornace Cotto antico 

Eleonora Chiacchella ha 44 anni e porta avanti da sola l’azienda di famiglia ad Acquapendente, in provincia di Viterbo, avviata dal padre, che le ha insegnato l’arte del cotto fatto a mano. 

“Ho cominciato a lavorare con lui, direttamente in produzione, proprio nel momento di crisi, quando abbiamo dovuto ridimensionare l’azienda. Poi il babbo è andato in pensione ed ora la gestisco io, producendo pavimenti, tegole e rivestimenti in cotto e smalto. Tutto rigorosamente a mano. Ogni mattone è diverso dall’altro, ha la firma di chi l’ha prodotto. Posso riconoscere se è stato fatto da me o da Ogar, da Abdul o da Lamin. Ognuno ha la propria caratteristica e questo vale, vale tanto!”. Negli anni ha assunto quattro ragazzi stranieri: Baba, Ogar, Lamin e Abdul. Tutti rifugiati. Il primo è stato Baba, un ragazzo nigeriano. “Poi tramite Baba ho conosciuto Ogar, che è con me da tre anni. Anche lui è un rifugiato politico”. 

Poi sono arrivati Lamin e Abdul. Nei “suoi” ragazzi ha visto una voglia di imparare un mestiere che non aveva mai riscontrato prima, in nessun altro. Poi il rispetto. “Sono ragazzi a cui piace imparare. Ogni volta che facciamo una cosa nuova, una nuova responsabilità, vedo gli occhi che gli brillano”. 

All’inizio Eleonora aveva qualche preoccupazione per il fatto di essere un “capo donna”, soprattutto per chi era di fede islamica. “In realtà non è stato così e sono contenta di essermi sbagliata. È stata una bella cosa essere cresciuti insieme.” chiude sorridendo Eleonora, con l’espressione di chi è contenta di aver acquisito una nuova consapevolezza e di poter lavorare bene, con persone con le quali ha costruito una storia di fiducia, facendo cose uniche e preziose con una antica tradizione come quella del cotto antico toscano. 

La storia di Abdul  

“In Afghanistan lavoravo nell’esercito. Dopo la caduta del governo sono dovuto andare via, lasciando la mia famiglia. Ora questo è un buon lavoro e mi aiuta. Ogni lavoro può aiutarmi e questo mi permetterà di far venire in Italia mia moglie e mio figlio”. La voce di Abdul è lenta e bassa, parla poco. La titolare della fornace lo descrive come una persona riservata. Ma è anche una persona che ha voglia di imparare e si capiscono ormai con un cenno; l’intesa sul lavoro è importante, una sensibilità che è cresciuta oltre le difficoltà della lingua e della cultura. 

“Grazie al Governo italiano sono riuscito a entrare nel SAI, nel 2022. Sono stato accolto in alcuni progetti della provincia di Viterbo, fino ad arrivare in questo ad Acquapendente, gestito da ARCI Solidarietà Viterbo”. 

Attraverso il progetto è riuscito a frequentare sia la scuola di italiano del CPIA di Viterbo che quella di ARCI Solidarietà: voleva migliorare il suo italiano prima possibile. 

Poi con l’aiuto degli operatori SAI è riuscito a trovare subito questo posto di lavoro. Dice che Eleonora, il suo “capo”, è una brava persona; anche le persone con cui lavora sono brave persone. Secondo la sua esperienza tutte le persone che ha conosciuto da quando è arrivato sono state accoglienti con lui. 

“Ora per me è importante lavorare qui nella Fornace. Il mio progetto è importante per me; per avere presto con me la mia famiglia. Se voglio rimanere qui ad Acquapendente? – sorride e si schermisce – ci pensiamo dopo”. 

“Con Abdul all’inizio è stato più difficile che con gli altri. Era arrivato da poco in Italia – ricorda Eleonora – e con lui ho fatto un po’ di fatica. Con il tempo ha smussato il suo carattere spigoloso”. Ora esiste una fiducia reciproca. 

Anche Abdul, come gli altri, segue le indicazioni di Eleonora, facendo evolvere un rapporto di lavoro che ora si basa sulla stima e sul rispetto. Non si parlano molto ma si intendono subito. 

“E una persona determinata – dice di lui l’operatrice ARCI che lo ha supportato nei primi mesi – con delle gran- di aspettative. Si è mostrato però volenteroso, ha saputo adattarsi. Il lavoro lo ha aiutato molto a convivere con la sofferenza, i ricordi difficili, la distanza dalla famiglia.”